Sguardi sul colonialismo

Dal punto di vista storico questi tre libri sono distanti tra loro: approssimando, sono stati pubblicati a distanza di circa vent’anni l’uno dall’altro, un periodo di tempo significativamente lungo soprattutto se si considerano gli eventi che hanno interessato i tre Paesi in cui hanno luogo le vicende narrate.

La Guinea è diventata indipendente nel 1958, il Senegal nel 1960, Capo Verde nel 1975: in questi Paesi la presenza coloniale ha avuto certamente delle differenze, ma il segno lasciato, anche una volta annullata la sua presenza istituzionale, ha richiesto immensi sforzi per ricostruire intere società.

Nessuno dei tre titoli si presenta come libro di denuncia al colonialismo che, a dire il vero, non risulta in essi nemmeno come tema esplicito. È però inevitabile che la dimensione storica interagisca con le vicende narrate: la presenza del colonialismo in Un bambino nero, scritto nel 1953, fa lo sfondo al racconto che Camara Laye fa della sua giovinezza in Guinea e, senza entrare in diretta opposizione come altri autori suoi contemporanei, descrive l’intersezione tra la cultura guineana e la cultura francese coloniale.

La rappresentazione del colonialismo in Niiwam, i cui racconti sono stati scritti nel 1977 e nel 1986, è quasi assente, ma proprio nella sua assenza si possono cogliere i contorni dei problemi strutturali conseguenti l’indipendenza: per affermare il loro status, sugli autobus donne e uomini vestono abiti occidentali (la ‘maschera bianca’, citando Franz Fanon), mentre i giovani sono costretti a fare carte false per trovare un lavoro e un posto in una società che punta al cambiamento.

Il testamento del sig. Napumoceno da Silva Araújo pubblicato nel 1991, a sedici anni dall’Indipendenza di Capo Verde, ma con alle spalle quasi quarant’anni di dibattito e lotta in tutto il continente, ritrae l’arcipelago già indipendente ma non vengono omessi i segni e i lasciti di un passato che ha visto le isole al centro degli scambi tra continente africano, europeo e americano.